La storia di Giancarlo e Filippo. Ovvero un fisco, due pesi e due misure.

Pubblichiamo con piacere l’articolo ricevuto in redazione al fine di consentire delle riflessioni sul sistema fiscale
Buona lettura

 

Giancarlo e Filippo sono due amici di vecchia data.

Giancarlo ha 50 anni, è single, vive nella capitale. Laureato in giurisprudenza con ottimi voti, specializzato in diritto amministrativo, è stato assunto come impiegato subito dopo gli studi. Oggi è un dirigente d’azienda molto devoto al proprio lavoro. Il suo reddito nel 2023 è stato di 70 mila euro.

Anche Filippo ha 50 anni, è single e vive a Roma. Compagno di corso di Giancarlo all’università, è un avvocato amministrativista.Appassionato della materia, infatti, ha deciso sin da subito di esercitare la libera professione. Dopo anni di gavetta, è un apprezzato consulente di società private ed è stimato dai propri clienti. Nel 2023 ha percepito anche lui un reddito di 70 mila euro.

In base alla dichiarazione dei redditi 2024, Giancarlo, che ha potuto detrarre 760 euro di interessi passivi del mutuo per l’acquisto della prima casa, ha pagato 22.240 euro di Irpef. Di questi poco più di 1.200 euro di addizionale regionale e 630 per quella comunale.

Filippo ha scelto, legittimamente, il regime Irpef agevolato riservato agli autonomi e per questa ragione non potrà detrarre i 760 euro per gli interessi passivi del mutuo. Dunque, applicherà al proprio imponibile un’aliquota unica pari al 15% del reddito dichiarato, pagando alla fine 10.500 euro di Irpef, senza nessuna addizionale.

Nell’anno in corso, a causa della progressione che si è guadagnatoin azienda, è ormai chiaro che Giancarlo avrà un reddito più elevato e raggiungerà gli 80 mila euro di imponibile. Nel modello 730/2025 si vedrà applicata un’imposta finale di 26.540 euro, di cui quasi 1.400 di addizionale regionale e 720 di addizionale comunale.

Anche Filippo nell’anno in corso, grazie alla sua capacità professionale e al duro lavoro, vedrà incrementare il proprio reddito sino alla soglia degli 80 mila euro.

Ma Filippo, giustamente consigliato dal suo fiscalista di fiducia, quest’anno ha aderito al nuovo Concordato preventivo e,considerando che l’anno precedente aveva dichiarato 70 mila euro di reddito, l’Agenzia delle Entrate gli ha proposto un’ipotesi di 75.000 euro di imponibile. Filippo ha accettato la proposta. Col suo 730/2025 si troverà, quindi, a pagare il 15% di Irpef per 70.000 euro, cioè 10.500 euro, cui dovrà sommare l’aliquota,ulteriormente ridotta, pari al 10% per i 5.000 euro di differenza tra reddito dichiarato nel 2024 e reddito previsto nella dichiarazione 2025, ulteriori 500 euro, per un totale Irpef di 11.000 euro.

I rimanenti 5.000 euro che Filippo avrà guadagnato saranno semplicemente esentasse. Infine, in base ai termini previsti dal Concordato, non sarà oggetto di alcun controllo ulteriore.

A parità di reddito imponibile Giancarlo si vedrà applicata un’aliquota media del 33% circa a fronte di quella fissa del 15% riservata a Filippo. Tradotto in moneta sonante, Giancarlo pagherà oltre 15 mila euro di tasse in più di Filippo.

Giancarlo e Filippo sono, ovviamente, personaggi di fantasia, così come i loro redditi, ma la loro storia è realistica.

Una storia di impegno e successo personale che rappresenta milioni di persone che, magari con ruoli meno preminenti e remunerazioni più modeste, ogni giorno si rimboccano le maniche e fanno del loro meglio, mandando avanti il Paese.

Ciò che non è chiaro della storia di Giancarlo e di Filippo, però, è per quale ragione il successo dell’uno debba essere umiliato, mentre quello dell’altro celebrato.

Un po’ come se una certa retorica, un tempo si sarebbe detto un’ideologia, si fosse fatta strada rendendo diverso ciò che in realtà è simile. Il reddito è un dato universale: il frutto del lavoro in sé, al netto dei sacrifici e dei costi, dell’impegno e delle spese. Il reddito è uguale per tutti. E così, nel Paese in cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, in maniera perdipiù progressiva, ci si ritrova in una situazione per cui con gli stessi soldi in tasca, dopo un anno di lavoro, alcuni pagano quasi il doppio degli altri per le cose di tutti.

Questi “alcuni” sono 19 milioni di lavoratori, invisibili al Legislatore, che ogni anno caricano sulle proprie spalle, un bel po’ più di “altri”, il gioioso fardello che permette agli ospedali di operare, alle scuole di insegnare, alle strade di unire, alle forze dell’ordine di vigilare, alle persone di vivere e lavorare, insieme.

“Altri”, più o meno 5 milioni di imprenditori, artigiani e professionisti che sono schiacciati dalla burocrazia, vessati da una giustizia lenta, impossibilitati da infrastrutture vetuste, ma che almeno hanno trovato una rappresentanza, pur parziale, in chi li alleggerisce per una buona parte del peso della comunità a cui appartengono.

“Alcuni” e “altri”, però, sono genitori e figli, mogli e mariti, cugini e amici, come Giancarlo e Filippo, che pur vivendo nello stesso Paese conoscono due regimi fiscali distanti anni luce, nati da una idea un po’ balzana per cui il lavoro dipendente è visto come un privilegio ed è considerato, a priori, poco produttivo e molto costoso.

Più di ogni altra cosa però, sia gli uni che gli altri iniziano a domandarsi fino a quando saranno sostenibili i costi sociali di queste due Italie in un solo stivale.

ADRIANO CRONAVERO